Prevista per Luglio la sentenza della Corte Europea che metterà la
parola fine al contenzioso nazionale che coinvolgerà oltre 100 mila
precari.
Oltre a chi lo ha già fatto nei mesi scorsi, solo
chi deposita il ricorso in tempi brevi può essere inserito nella lista
dei lavoratori che, in caso di vittoria, andranno stabilizzati.
La
Corte Costituzionale ( ha chiesto alla Corte Europea di esprimersi una
volta per tutte sulla questione, ponendo in un caso o nell’altro la
parola fine n.d.r.) attendiamo fiduciosi la sentenza da Strasburgo.
Questa
volta lo Stato non potrà più far finta di niente o appellare le
sentenze vittoriose, se ce lo ordina l’Europa dovrà adeguarsi alla
normativa comunitaria che non ammette la reiterazione dei contratti a
tempo determinato oltre i 36 mesi.
Da qualche mese a
questa parte i giudici del Lavoro di 1° stanno sospendendo il giudizio
proprio in attesa di questa importante sentenza che costituirà un
riferimento ineludibile per tutti, governo compreso.
Nel
frattempo sono giunti, sempre dalla Corte Europea due importantissimi
segnali che riguardano la direttiva n° 70 del 1999 e con cui si ordina
di stabilizzare tutti i lavoratori con almeno 36 mesi di servizio a
tempo determinato: le sentenze Papalia e Carratù del 12 dicembre 2013,
riguardano dipendenti di amministrazioni pubbliche (enti locali) e
lasciano pochi dubbi in merito a quella che sarà la decisione della
Corte sul comparto scuola.
Un contenzioso che ha già visto
migliaia di sentenze (poiché non appellate) passare in giudicato su
tutto il territorio nazionale, provocando la stipula di contratti a
tempo indeterminato per numerosi precari e oltre 500 milioni di euro
tra risarcimento danno, differenze retributive e spese legali, numeri
questi destinati a crescere dopo la sentenza prevista per luglio.
Inoltre
bisogna aggiungere che recentemente, la Corte di Cassazione con la
sentenza n. 26951 del 2 dicembre 2013 ha riconosciuto il diritto al
risarcimento danni pari a dieci mensilità, (ovvero dieci stipendi per
1300 euro circa, in favore di una lavoratrice precaria assunta a tempo
determinato che non era stata stabilizzata dopo 36 mesi di servizio. Se
si moltiplicasse tale principio per gli oltre 180mila precari del
comparto scuola, e se non si dovesse attuare una stabilizzazione
“ordinaria degli stessi”, le casse dello Stato correrebbero il serio
rischio di svuotarsi per oltre 4 miliardi di euro.
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